VITA DI ANTONIO
DA
CORREGGIO
PITTORE
Et egli fu il
primo che in Lombardia
cominciasse cose della maniera moderna: per che si giudica che, se
l'ingegno di
Antonio fosse uscito di Lombardia e stato a Roma, averebbe fatto
miracoli e
dato delle fatiche a molti che nel suo tempo furono tenuti grandi; con
ciò
sia che, essendo
tali le cose sue senza
aver egli visto de le cose antiche o de le buone moderne,
necessariamente ne seguita
che, se le avesse vedute, arebbe infinitamente migliorato l'opere sue,
e
crescendo di bene in meglio sarebbe venuto al sommo de' gradi. Tengasi
pur per certo che
nessuno meglio di lui toccò
colori, né con maggior vaghezza
o con
più rilievo alcun artefice dipinse meglio di lui, tanta era
la morbidezza delle
carni ch'egli faceva, e la grazia con che e' finiva i suoi lavori. Egli
fece
ancora in detto luogo due quadri grandi
lavorati a olio, nei quali, fra gli altri, in uno si vede
un Cristo
morto che fu lodatissimo. Et in S. Giovanni in quella città
fece una tribuna in
fresco, nella quale figurò una Nostra Donna che ascende in
cielo fra
moltitudine di Angeli, et altri Santi intorno, la quale pare
impossibile
ch'egli potesse non esprimere con la mano, ma imaginare con la fantasia, per i belli
andari de' panni e
delle arie che e' diede a quelle figure, delle quali ne sono nel nostro
libro
alcune dissegnate di lapis rosso
di sua
mano, con certi fregi di putti bellissimi, et altri fregi fatti in
quella opera
per ornamento con diverse fantasia di sacrifizii
alla antica. E nel vero, se Antonio non
avesse condotte l'opere sue a quella perfezzione che le si veggono, i
disegni
suoi, se bene hanno in loro una buona maniera e vaghezza e pratica di
maestro,
non gli arebbano arecato fra gli artefici quel nome che hanno
l'eccellentissime
opere sue. È quest'arte tanto dificile et ha tanti capi, che
uno artefice bene
spesso non li può tutti fare
perfettamente: perché molti sono che hanno disegnato
divinamente, e nel
colorire hanno avuto qualche imperfezzione; altri hanno colorito
maravigliosamente, e non hanno disegnato alla metà: questo
nasce tutto dal
giudizio e da una pratica che si piglia da giovane, chi nel disegno e
chi sopra
i colori. Ma perché tutto s'impara per condurre l'opere
perfette nella fine, il
quale è il colorire con disegno tutto quel che si fa, per
questo il Coreggio
merita gran lode, avendo conseguito il fine della perfezione ne l'opere
che
egli a olio e a fresco colorì; come nella medesima
città nella chiesa de' Frati
de' Zocoli di S. Francesco, che vi dipinse una Nunziata in fresco tanto
bene,
che accadendo per aconcime di quel luogo rovinarla, feciono que' frati
ricignere
il muro atorno con legami armati di ferramenti, e tagliandolo a poco a
poco la
salvorono, et in un altro loco più sicuro fu murata da loro
nel medesimo convento.
Dipinse ancora sopra una porta di quella città una Nostra
Donna che ha il
Figliuolo in braccio: ch'è stupenda cosa a vedere il vago
colorito in fresco di
questa opera, dove ne ha riportato da forestieri viandanti, che non
hanno visto
altro di suo, lode e onore infinito. In S. Antonio ancora di quella
città
dipinse una tavola, nella quale è una Nostra Donna e S.
Maria Madalena, et
apresso vi è un putto che ride, che tiene a guisa di
angioletto un libro in
mano, il quale par che rida tanto naturalmente che muove a riso chi lo
guarda,
né lo vede persona di natura malinconica che non si
rallegri: èvvi ancora un S.
Girolamo; ed è colorita di maniera sì
maravigliosa e stupenda che i pittori
ammirano quella per colorito mirabile e che non si possa quasi
dipignere
meglio.
Fece similmente
quadri et altre
pitture per Lombardia a molti signori; e fra l'altre cose sue, due
quadri in
Mantova al duca Federigo II per mandare a lo imperatore: cosa veramente
degna
di tanto principe; le quali opere vedendo Giulio Romano, disse non aver
mai
veduto colorito nessuno ch'aggiugnesse a quel segno. L'uno era una Leda
ignuda
e l'altro una Venere, sì di morbidezza, colorito e d'ombre
di carne lavorate,
che non parevano colori ma carni. Era in una un paese mirabile:
né mai lombardo
fu che meglio facesse queste cose di lui; et oltra di ciò
capegli sì leggiadri
di colore e con finita pulitezza sfilati e condotti, che meglio di
quegli non
si può vedere.
Eranvi alcuni
Amori che de le saette
facevano prova su una pietra, quelle d'oro e di piombo, lavorati con
bello
artificio; e quel che più grazia donava alla Venere, era una
acqua chiarissima
e limpida che correva fra alcuni sassi e bagnava i piedi di quella, e
quasi
nessuno ne ocupava:
onde nello scorgere
quella candidezza con quella
dilicatezza, faceva agl'occhi compassione nel vedere. Per
che
certissimamente Antonio meritò ogni grado et ogni onore
vivo, e con le voci e
con gli scritti ogni gloria dopo la morte.
Dipinse ancora
in Modena una tavola
d'una Madonna, tenuta da tutti i pittori in pregio e per la miglior
pittura di
quella città. In Bologna parimente è di sua mano
in casa gl'Arcolani,
gentiluomini bolognesi, un Cristo che ne l'orto apare a Maria Madalena,
cosa
molto bella. In Reggio era un quadro bellissimo e raro, che non
è molto che
passando messer Luciano Palavigino, il quale molto si diletta delle
cose belle
di pittura, e vedendolo, non guardò a spese di danari, e
come avesse cómpero
una gioia lo mandò a Genova nella casa sua. È in
Reggio medesimamente una
tavola, drentovi una Natività di Cristo, ove partendosi da
quello uno
splendore, fa lume a' pastori e intorno alle figure che lo contemplano;
e fra
molte considerazioni avute in questo suggetto, vi è una
femina che volendo
fisamente guardare verso Cristo, e per non potere gli occhi mortali
sofferire la
luce della Sua divinità, che con i raggi par che percuota
quella figura, si
mette la mano dinanzi agl'occhi, tanto bene espressa che è
una maraviglia.
Èvvi
un coro di Angeli sopra la
capanna che cantano, che son tanto ben fatti che par che siano
più tosto
piovuti dal cielo che fatti dalla mano d'un pittore. È nella
medesima città un
quadretto di grandezza di
un piede, la
più rara e bella cosa che si possa vedere di suo di figure
piccole, nel quale è
un Cristo ne l'orto: pittura finta di notte, dove l'Angelo aparendogli,
col
lume del suo spendore fa lume a Cristo, che è tanto simile
al vero che non si
può né immaginare né esprimere meglio.
Giuso a piè del monte, in un piano, si
veggono tre
Apostoli che dormano, sopra
' quali fa ombra il monte dove Cristo òra, che dà
una forza a quelle figure che
non è possibile; è più là,
in un paese lontano, finto l'apparire della aurora;
e si veggono venire da l'un de' lati alcuni soldati con Giuda: e nella
sua
piccolezza questa istoria è tanto bene intesa, che non si
può né di pazienza né
di studio per tanta opera paragonalla.
Potrebbonsi dire
molte cose delle
opere di costui, ma perché fra gli uomini eccellenti de
l'arte nostra è amirato
per cosa divina ogni cosa che si vede di suo, non mi
distenderò più. Ho usato
ogni diligenzia d'avere il suo ritratto: e perché lui non lo
fece e da altri
non è stato mai ritratto, perché visse sempre
positivamente, non l'ho potuto
trovare; e nel vero fu persona che non si stimò
né si persuase di sapere far
l'arte, conoscendo la difficultà sua, con quella perfezzione
che egli arebbe
voluto. Contentavasi del poco e viveva da bonissimo cristiano.
Desiderava
Antonio, sì come quello
ch'era aggravato di famiglia, di continuo risparmiare, et era divenuto
perciò
tanto misero che più non poteva essere. Per il che si dice
che, essendoli stato
fatto in Parma un pagamento di sessanta scudi di quattrini, esso
volendoli portare
a Correggio per alcune occorenzie sue, carico di quelli si mise in
camino a
piedi; e per lo caldo grande che era allora, scalmanato dal sole,
beendo acqua
per rinfrescarsi, si pose nel letto con una grandissima febre,
né di quivi
prima levò il capo che finì la vita,
nell'età sua d'anni XL o circa.
Furono le
pitture sue circa il 1512;
e fece alla pittura grandissimo dono ne' colori da lui maneggiati come
vero
maestro, e fu cagione che
PICTORIS,
CHARITES SUPLICUERE IOVI:
NON ALIA PINGI
DEXTRA, PATER ALME, ROGAMUS,
HUNC PRAETER,
NULLI PINGERE NOS LICEAT.
ANNUIT
HIS
VOTIS SUMMI REGNATOR OLYMPI
ET IUVENEM
SUBITO SYDERA AD ALTA TULIT
UT
POSSET MELIUS CHARITUM
SIMULACRA REFERRE
PRAESENS
ET NUDAS CERNERET INDE
DEAS.
(tratto da
« Le
vite » del Vasari)